Analisi del mercato M&A in Italia 2024
M&A Outlook 2025
Outlook M&A 2025
2025: cosa aspettarsi? M&A market outlook in Italia (1/4)
Lo scenario macroeconomico mondiale, in rapida evoluzione, influenzerà l’outlook M&A 2025 anche in Italia
Alla data odierna risulta difficile fare delle previsioni accurate, poiché lo scenario è in rapido mutamento, e anche l’outlook M&A 2025, ipotizzato positivo nei primi mesi del 2025 (calo tassi interesse, abbondante liquidità, fiducia investitori) – nel momento in cui scriviamo – è soggetto ad un radicale cambiamento e a molti fattori di incertezza.
Le possibili guerre commerciali, innescate dalla battaglia sui dazi iniziata dal neopresidente Trump, unite alla debole crescita dell’Europa e alle difficoltà economiche (e politiche) dei due principali paesi europei (Germania e Francia), nonché da una domanda cinese debole e una politica economica non chiara, pongono numerosi quesiti e dubbi sul possibile andamento dell’economia, e – di conseguenza – sull’outlook M&A, anche in Italia.
Vediamo quindi prevalere uno scenario di grande incertezza, almeno per tutto il primo semestre 2025.
Quale che sia l’evoluzione dello scenario macroeconomico, crediamo che l’incertezza – oggi dominante – non premi l’attività di M&A, in particolare in quei segmenti in cui l’attività M&A è guidata da considerazioni di valenza industriale, che di carattere finanziario (ritorno sull’investimento, multipli di valorizzazione, etc.).
In particolare non crediamo che l’incertezza premi i segmenti M&A small e mid-market, mentre crediamo che i c.d. “large deals” – pochi, in costante calo, e con una forte connotazione “politico/strutturale” in alcuni segmenti strategici dell’economia Italiana
(Energy & Infrastructure, Financial Services & Government) possano non subire le crescenti incertezze legate allo scenario macroeconomico, proprio perché dettati da imperativi “strategici” e strutturali per il “sistema paese Italia” e concentrati su settori nei quali il processo di consolidamento è un imperativo.
Sintetizzando, alla data odierna vediamo prevalere una diffusa incertezza, incertezza che non crediamo possa premiare l’attività di M&A, almeno per tutto il primo semestre 2025, fino a quando alcuni elementi si saranno chiariti.
L’Europa cresce molto lentamente, anche se potrebbe riservare delle sorprese
Nel 2025, sebbene le stime di crescita del PIL dell’Eurozona siano state riviste in leggera ripresa (0,9% – 1,3% su base annua) rispetto al 2024 (+0,8%), permane un contesto internazionale caratterizzato da un’elevata incertezza, in particolare per la crescente probabilità di escalation nelle tensioni commerciali.
L’inflazione (uno dei principali problemi, non solo europei) invece, almeno in Europa, dovrebbe stabilizzarsi intorno al 2,1% – 2,3%, permettendo un certo margine di manovra, confermando la politica di riduzione dei tassi di interesse, e di conseguenza la possibilità di attuare politiche di investimento. I segnali che iniziano ad arrivare dagli Stati Uniti potrebbero invece portare a un disallineamento sull’andamento dei tassi di interesse, con una possibile crescita di quelli USA, dovuti al contenimento di una possibile spinta inflattiva dovuta alle politiche commerciali americane.
Lo scenario macroeconomico mondiale, in rapida evoluzione, influenzerà l’outlook M&A 2025 anche in Italia
Alla data odierna risulta difficile fare delle previsioni accurate, poiché lo scenario è in rapido mutamento, e anche l’outlook M&A 2025, ipotizzato positivo nei primi mesi del 2025 (calo tassi interesse, abbondante liquidità, fiducia investitori) – nel momento in cui scriviamo – è soggetto ad un radicale cambiamento e a molti fattori di incertezza.
Le possibili guerre commerciali, innescate dalla battaglia sui dazi iniziata dal neopresidente Trump, unite alla debole crescita dell’Europa e alle difficoltà economiche (e politiche) dei due principali paesi europei (Germania e Francia), nonché da una domanda cinese debole e una politica economica non chiara, pongono numerosi quesiti e dubbi sul possibile andamento dell’economia, e – di conseguenza – sull’outlook M&A, anche in Italia.
Vediamo quindi prevalere uno scenario di grande incertezza, almeno per tutto il primo semestre 2025.
Quale che sia l’evoluzione dello scenario macroeconomico, crediamo che l’incertezza – oggi dominante – non premi l’attività di M&A, in particolare in quei segmenti in cui l’attività M&A è guidata da considerazioni di valenza industriale, che di carattere finanziario (ritorno sull’investimento, multipli di valorizzazione, etc.).
In particolare non crediamo che l’incertezza premi i segmenti M&A small e mid-market, mentre crediamo che i c.d. “large deals” – pochi, in costante calo, e con una forte connotazione “politico/strutturale” in alcuni segmenti strategici dell’economia Italiana
(Energy & Infrastructure, Financial Services & Government) possano non subire le crescenti incertezze legate allo scenario macroeconomico, proprio perché dettati da imperativi “strategici” e strutturali per il “sistema paese Italia” e concentrati su settori nei quali il processo di consolidamento è un imperativo.
Sintetizzando, alla data odierna vediamo prevalere una diffusa incertezza, incertezza che non crediamo possa premiare l’attività di M&A, almeno per tutto il primo semestre 2025, fino a quando alcuni elementi si saranno chiariti.
L’Europa cresce molto lentamente, anche se potrebbe riservare delle sorprese
Nel 2025, sebbene le stime di crescita del PIL dell’Eurozona siano state riviste in leggera ripresa (0,9% – 1,3% su base annua) rispetto al 2024 (+0,8%), permane un contesto internazionale caratterizzato da un’elevata incertezza, in particolare per la crescente probabilità di escalation nelle tensioni commerciali.
L’inflazione (uno dei principali problemi, non solo europei) invece, almeno in Europa, dovrebbe stabilizzarsi intorno al 2,1% – 2,3%, permettendo un certo margine di manovra, confermando la politica di riduzione dei tassi di interesse, e di conseguenza la possibilità di attuare politiche di investimento. I segnali che iniziano ad arrivare dagli Stati Uniti potrebbero invece portare a un disallineamento sull’andamento dei tassi di interesse, con una possibile crescita di quelli USA, dovuti al contenimento di una possibile spinta inflattiva dovuta alle politiche commerciali americane.
2025: cosa aspettarsi? M&A market outlook in Italia (2/4)
Tuttavia, alcuni rischi rimangono significativi per l’economia europea. Tra questi, il rallentamento del commercio globale, influenzato dalle tensioni geopolitiche e dalla debolezza della domanda proveniente dalla Cina, continueranno a penalizzare le esportazioni europee, e quindi una parte importante dell’economia europea.
Il «modello Germania» è in forte crisi…
La Germania, in recessione, con una produzione industriale in caduta libera (-4,1% su base annua) e una domanda globale debole, vede il “modello Germania” in forte crisi, con un con un architrave industriale tutta da reiventare e notevoli investimenti da mettere in campo.
A mitigare questo scenario – alla data odierna – vi è però da menzionare il nuovo fondo infrastrutturale da 500 miliardi di euro, finanziato con debito e posto costituzionalmente fuori dal vincolo del pareggio di bilancio, e un aumento delle spese militari al 2.5% del PIL, che puntano a rilanciare la produzione industriale tedesca. Se questo si tradurrà in politiche acquisitive, è però ancora presto per dirlo.
L’instabilità politica in Francia come una delle maggiori incognite
La Francia di contro, con importanti problemi di crescita, deficit e debito pubblico, insieme a instabilità politica, rappresenta forse oggi una maggiore incognita, dove l’instabilità politica non permette quei margini di manovra che altri paesi hanno e che comunque vede un settore manifatturiero (che comunque conta solo per il 20% c.a. del PIL) in contrazione, e dove le grandi multinazionali che esportano in tutto il mondo vedono una incertezza dovuta alle possibili restrizioni sul commercio internazionale.
Gli Stati Uniti mostrano i primi senali di rallentamento e di una possibile recessione
La vera incognita è rappresentata dagli Stati Uniti, che inizia a mostrare importanti segni di rallentamento dell’economia, a causa delle scelte di politica industriale dell’amministrazione Trump.
Se la maggior parte degli esperti prevede ancora un aumento del PIL americano, sta però riducendo le stime di crescita: la banca d’affari Goldman Sachs, per esempio, le ha tagliate dal 2,4% all’1,7%, citando l’aspettativa di politiche commerciali molto «più ostili». Morgan Stanley, pronostica invece un incremento del pil dell’1,5%, in netta discesa rispetto all’1,9% della precedente previsione.
La poca chiarezza dovuta alle incertezze sui dazi e sulla loro portata, stanno generando grande incertezza per le imprese che potrebbero rinviare gli investimenti.
Comunque sia, la politica di re-industrializzazione scelta da Trump è una strada che nel breve-medio termine, non potrà che portare ad una spinta inflazionistica, i cui primi segnali si notano già, ed a un conseguente innalzamento dei tassi o ritardando i tagli dei tassi.
Anche per gli operatori Americani la parola d’ordine sembra essere “prudenza” e “incertezza”. E’ quindi probabile, che anche negli USA, le aziende possano dare priorità alle sfide operative rispetto a politiche di M&A.
Tuttavia, alcuni rischi rimangono significativi per l’economia europea. Tra questi, il rallentamento del commercio globale, influenzato dalle tensioni geopolitiche e dalla debolezza della domanda proveniente dalla Cina, continueranno a penalizzare le esportazioni europee, e quindi una parte importante dell’economia europea.
Il «modello Germania» è in forte crisi…
La Germania, in recessione, con una produzione industriale in caduta libera (-4,1% su base annua) e una domanda globale debole, vede il “modello Germania” in forte crisi, con un con un architrave industriale tutta da reiventare e notevoli investimenti da mettere in campo.
A mitigare questo scenario – alla data odierna – vi è però da menzionare il nuovo fondo infrastrutturale da 500 miliardi di euro, finanziato con debito e posto costituzionalmente fuori dal vincolo del pareggio di bilancio, e un aumento delle spese militari al 2.5% del PIL, che puntano a rilanciare la produzione industriale tedesca. Se questo si tradurrà in politiche acquisitive, è però ancora presto per dirlo.
L’instabilità politica in Francia come una delle maggiori incognite
La Francia di contro, con importanti problemi di crescita, deficit e debito pubblico, insieme a instabilità politica, rappresenta forse oggi una maggiore incognita, dove l’instabilità politica non permette quei margini di manovra che altri paesi hanno e che comunque vede un settore manifatturiero (che comunque conta solo per il 20% c.a. del PIL) in contrazione, e dove le grandi multinazionali che esportano in tutto il mondo vedono una incertezza dovuta alle possibili restrizioni sul commercio internazionale.
Gli Stati Uniti mostrano i primi senali di rallentamento e di una possibile recessione
La vera incognita è rappresentata dagli Stati Uniti, che inizia a mostrare importanti segni di rallentamento dell’economia, a causa delle scelte di politica industriale dell’amministrazione Trump.
Se la maggior parte degli esperti prevede ancora un aumento del PIL americano, sta però riducendo le stime di crescita: la banca d’affari Goldman Sachs, per esempio, le ha tagliate dal 2,4% all’1,7%, citando l’aspettativa di politiche commerciali molto «più ostili». Morgan Stanley, pronostica invece un incremento del pil dell’1,5%, in netta discesa rispetto all’1,9% della precedente previsione.
La poca chiarezza dovuta alle incertezze sui dazi e sulla loro portata, stanno generando grande incertezza per le imprese che potrebbero rinviare gli investimenti.
Comunque sia, la politica di re-industrializzazione scelta da Trump è una strada che nel breve-medio termine, non potrà che portare ad una spinta inflazionistica, i cui primi segnali si notano già, ed a un conseguente innalzamento dei tassi o ritardando i tagli dei tassi.
Anche per gli operatori Americani la parola d’ordine sembra essere “prudenza” e “incertezza”. E’ quindi probabile, che anche negli USA, le aziende possano dare priorità alle sfide operative rispetto a politiche di M&A.
2025: cosa aspettarsi? M&A market outlook in Italia (3/4)
M&A Outlook 2025
Lo scenario macroeconomico non sembra quindi restituire un outlook M&A 2025 particolarmente positivo, almeno per il primo semestre 2025.
Quanto meno, le ottimistiche previsioni di una rapida ripresa dell’attività di M&A, formulate dalle maggiori investment bank tra la fine del 2024 e l’inizio del 2025, saranno sicuramente da rivedere.
Se da un lato infatti permane un “eccesso” di liquidità sul mercato e una forte pressione sui dealmakers per investire la liquidità a loro disposizione, una solida pipeline, nonché un allentamento (in particolare negli USA) delle restrizioni antitrust, dall’altro lato la crescente incertezza dovuta alla prospettiva di dazi e alle restrizioni al commercio internazionale, la prospettiva di rallentamento dell’economia americana, con un possibile aumento dei tassi di interesse all’orizzonte, pongono importanti interrogativi sul reale outlook dell’attività di M&A.
A farne le spese, almeno per tutto il primo semestre 2025, sarà soprattutto il segmento M&A small e mid market, laddove i deal risentono più velocemente dell’incertezza e non sono guidati da logiche di carattere “politico” e imperativi “strategici” e strutturali per il “sistema paese” e concentrati su settori nei quali il processo di consolidamento è un imperativo.
Nell’M&A outlook 2025, prevediamo anche diverse dinamiche tra Europa e Stati Uniti, in particolare se l’Europa dovesse realmente realizzare il piano di investimenti programmato.
L’Europa, ancorché proveniente da un contesto di crescita debole, potrà beneficiare di tassi di interesse in calo, che potranno aiutare gli investitori finanziari in operazioni di acquisizione a leva, in un contesto nel quale l’imperativo strategico per l’Europa sembra essere diventato quello della competitività, soprattutto in alcuni settori considerati strategici, o comunque nei quali storicamente l’Europa (e l’Italia) sono particolarmente forti, quali la meccanica, il manifatturiero, e tutte le industry nelle quali l’Europa (in particolare Germania, Italia e Francia) si distingue per produzioni ad alto valore aggiunto.
In questo scenario, le politiche aggregative e la creazione di poli strategici attraverso l’M&A possono diventare un imperativo, a tutti i livelli, non solo nei c.d. “large deals” a carattere strategico e con valenza sistemica, ma anche a livelli più bassi, nei segmenti small e mid market.
La forte spinta autarchica, cui la politica americana ha dato una forte accelerazione, potrà avere ricadute a livello di M&A in molti settori, da quelli tradizionalmente forti, anche se un po’ dimenticate negli ultimi anni (meccanica, etc.) a quelli in cui l’imperativo è la competitività, l’innovazione e l’aspetto dimensionale.
In alcuni casi, soprattutto nei settori che potrebbero essere maggiormente impattati dai dazi, potremmo assistere ad acquisizioni strategiche di società produttive statunitensi ad opera di società italiane ed europee di medio-grandi dimensioni, in particolare partecipate di fondi di private equity.
Pur prevalendo quindi un contesto di incertezza, l’Europa potrebbe rivelare delle sorprese, soprattutto nei settori che richiedono maggiori capex, accelerando il processo di reshoring, già in atto da alcuni anni, alla luce delle politiche protezionistiche americane.
M&A Outlook 2025
Lo scenario macroeconomico non sembra quindi restituire un outlook M&A 2025 particolarmente positivo, almeno per il primo semestre 2025.
Quanto meno, le ottimistiche previsioni di una rapida ripresa dell’attività di M&A, formulate dalle maggiori investment bank tra la fine del 2024 e l’inizio del 2025, saranno sicuramente da rivedere.
Se da un lato infatti permane un “eccesso” di liquidità sul mercato e una forte pressione sui dealmakers per investire la liquidità a loro disposizione, una solida pipeline, nonché un allentamento (in particolare negli USA) delle restrizioni antitrust, dall’altro lato la crescente incertezza dovuta alla prospettiva di dazi e alle restrizioni al commercio internazionale, la prospettiva di rallentamento dell’economia americana, con un possibile aumento dei tassi di interesse all’orizzonte, pongono importanti interrogativi sul reale outlook dell’attività di M&A.
A farne le spese, almeno per tutto il primo semestre 2025, sarà soprattutto il segmento M&A small e mid market, laddove i deal risentono più velocemente dell’incertezza e non sono guidati da logiche di carattere “politico” e imperativi “strategici” e strutturali per il “sistema paese” e concentrati su settori nei quali il processo di consolidamento è un imperativo.
Nell’M&A outlook 2025, prevediamo anche diverse dinamiche tra Europa e Stati Uniti, in particolare se l’Europa dovesse realmente realizzare il piano di investimenti programmato.
L’Europa, ancorché proveniente da un contesto di crescita debole, potrà beneficiare di tassi di interesse in calo, che potranno aiutare gli investitori finanziari in operazioni di acquisizione a leva, in un contesto nel quale l’imperativo strategico per l’Europa sembra essere diventato quello della competitività, soprattutto in alcuni settori considerati strategici, o comunque nei quali storicamente l’Europa (e l’Italia) sono particolarmente forti, quali la meccanica, il manifatturiero, e tutte le industry nelle quali l’Europa (in particolare Germania, Italia e Francia) si distingue per produzioni ad alto valore aggiunto.
In questo scenario, le politiche aggregative e la creazione di poli strategici attraverso l’M&A possono diventare un imperativo, a tutti i livelli, non solo nei c.d. “large deals” a carattere strategico e con valenza sistemica, ma anche a livelli più bassi, nei segmenti small e mid market.
La forte spinta autarchica, cui la politica americana ha dato una forte accelerazione, potrà avere ricadute a livello di M&A in molti settori, da quelli tradizionalmente forti, anche se un po’ dimenticate negli ultimi anni (meccanica, etc.) a quelli in cui l’imperativo è la competitività, l’innovazione e l’aspetto dimensionale.
In alcuni casi, soprattutto nei settori che potrebbero essere maggiormente impattati dai dazi, potremmo assistere ad acquisizioni strategiche di società produttive statunitensi ad opera di società italiane ed europee di medio-grandi dimensioni, in particolare partecipate di fondi di private equity.
Pur prevalendo quindi un contesto di incertezza, l’Europa potrebbe rivelare delle sorprese, soprattutto nei settori che richiedono maggiori capex, accelerando il processo di reshoring, già in atto da alcuni anni, alla luce delle politiche protezionistiche americane.
2025: cosa aspettarsi? M&A market outlook in Italia (4/4)
Lo scenario americano, con i suoi primi segnali di rallentamento e di possibile freno al taglio degli interessi pone interrogativi più grandi e un radico ripensamento della ipotizzata ripresa dell’attività di M&A.
Da un lato gli operatori di private equity potrebbero trovarsi di fronte ad uno scenario sfavorevole dovuto a tassi di interesse più elevati, che imporrebbero un ripensamento relativamente alle politiche di investimento, anche alla luce di una incertezza di fondo. Dall’altro lato le società potrebbero seguire priorità operative e riorganizzazioni, rimandando politiche acquisitive, funzionali alla crescita, a tempi più certi, in particolare in settori quali retail, automotive e tecnologia.
In ogni caso la politica di reindustrializzazione scelta dalla nuova amministrazione Trump porterà gli operatori a privilegiare politiche acquisitive domestiche.
Le politiche dell’amministrazione Trump stanno favorendo esplicitamente le aziende che investono all’interno dei confini degli Stati Uniti, sia attraverso incentivi al reshoring, agevolazioni fiscali o contratti governativi diretti in settori chiave come energia, tecnologia e difesa, e questo sottrarrà capitale agli investimenti esteri.
Lo scenario americano, con i suoi primi segnali di rallentamento e di possibile freno al taglio degli interessi pone interrogativi più grandi e un radico ripensamento della ipotizzata ripresa dell’attività di M&A.
Da un lato gli operatori di private equity potrebbero trovarsi di fronte ad uno scenario sfavorevole dovuto a tassi di interesse più elevati, che imporrebbero un ripensamento relativamente alle politiche di investimento, anche alla luce di una incertezza di fondo. Dall’altro lato le società potrebbero seguire priorità operative e riorganizzazioni, rimandando politiche acquisitive, funzionali alla crescita, a tempi più certi, in particolare in settori quali retail, automotive e tecnologia.
In ogni caso la politica di reindustrializzazione scelta dalla nuova amministrazione Trump porterà gli operatori a privilegiare politiche acquisitive domestiche.
Le politiche dell’amministrazione Trump stanno favorendo esplicitamente le aziende che investono all’interno dei confini degli Stati Uniti, sia attraverso incentivi al reshoring, agevolazioni fiscali o contratti governativi diretti in settori chiave come energia, tecnologia e difesa, e questo sottrarrà capitale agli investimenti esteri.
Indice delle pagine
1. At a glance
2. Operazioni M&A Italia-Italia
3. Operazioni M&A Estero-Italia
4. Operazioni M&A Italia-Estero
5. Focus sul mid-market
6. Outlook M&A 2025
Note metodologiche
Il presente documento ha lo scopo di investigare le principali tendenze nel mercato M&A che coinvolge società con sede in Italia, sia acquisite che acquirenti, nel 2024. L’analisi è stata effettuata sulla base dei dati disponibili su MergerMarket, escludendo le transazioni classificate come single o multi-asset deal, le alienazioni di portfolio di debito, e talune transazioni particolari. L’analisi è focalizzata sulle operazioni annunciate nel 2024, non necessariamente chiuse nello stesso anno, e non ha pretese di esaustività.